giovedì 10 marzo 2011

Shadows - Ombre

Shadows (Ombre)
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di John Cassavetes


La storia si incentra e spazia sulla vita di tre fratelli, Hugh, cantante jazz di colore e i due fratelli mulatti più piccoli, Bennie, trombettista perditempo, e la giovane (bellissima) Leila che ha velleità artistiche letterario-pittoriche. Cassavetes pedina letteralmente camera a mano questi tre fratelli nelle loro giornate. Hugh si barcamena tra lavori più o meno dignitosi insieme al suo agente e amico, Bennie più che altro va in giro a bere, rimorchiare e fare casino con i suoi amici e Leila che ad una festa incontra e si innamora, corrisposta, di Tony, un ragazzo bianco. Sorgono i problemi quando Tony incontra suo fratello Hugh e si rende conto che Leila è di colore.
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La trama, finale a parte, è grosso modo tutta qui ma è un film impossibile da spoilerare in quanto caratterizzato soprattutto per lo stile in cui è girato. Recitazione improvvisata, strani tagli e improvvisi zoom delle inqudrature, che alcune volte risultano persino un pò sfocate. Cassavete punta molto sul realismo rifacendosi allo stile della nouvelles vague, ma, secondo me, ne resta meno intrappolato rispetto ad esempio al Chi sta bussando alla mia porta di Scorsese. Cassavetes riesce a fare suo questo stile e riesce a farne una rilettura americana e quindi originale. Ombre resta un diamante grezzo, acerbo forse ma ben fatto e molto meno autocelebrativo di quanto ci si potrebbe aspettare. Il suo pregio più grande è infatti l'onestà spiazzante con cui rappresenta le storie e le emozioni dei suoi personaggi in modo diretto, crudo ma senza melodrammi o esagerazioni. Dulcis in fundo, il susseguirsi delle vicende è incalzato dalla onnipresente sottofondo musicale jazz, che, oltre a fungere da colonna sonora, è un ulteriore pesonaggio, esso rappresenta le radici, il sangue e il cuore di una popolazione ed è una confortante presenza per tutti e tre i protagonisti.
Dopo una prima proiezione Cassavetes stesso ha rimontato il film per rendenderlo più comprensibile al pubblico e di maggiore impatto, attirandosi alcune critiche dai più snob, ma dimostrandosi in questo un vero outsider (o per meglio dire un vero libero pensatore) sia rispetto alle dinamiche da main stream, sia rispetto all'intellettualismo a tutti i costi, attitudine per altro chiaramente presa in giro dal regista durante la festa-covo di pseudo intellettuali in cui Leila incotra Tony. Non ho mai visto il primo girato ovviamente, ma questa versione tutto mi sembra tranne che un compromesso o una svendita della sua autorialità che vedrà nei successivi film (Faces e Una moglie su tutti, per me) la sua massima espressione. Aggiungo che apprezzo il tentativo di un regista di andare al di la del suo egocentrismo (egli stesso ammise che la prima versione soffriva troppo del suo innamoramento per la cinepresa), di fare un passo indietro e dare risalto come meglio può a quello che veramente è importante, la storia. Questo non significa fare film sciatti con buone storie, significa solo, per me, usare al meglio una tecnica al sevizio di una storia, senza che la prima sovrasti la seconda.
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DVD
Audio/Video: nonostante il restauro l'immagine è lungi dall'essere perfetta, chiara e nitida (anche se in molti interni ben illuminati è degnissimo il risultato come potete vedere dai caps) ma personalmente il video un pò graffiato non mi dispiace, anzi dona un non so che di sporco e di chvissuto alla pellicola e vista la storia ci sta davvero bene e sottolinea ancora di più il realismo tanto ricercato da Cassavetes.
Oltre alla lingua originale è presente il doppiaggio italiano che non è niente male, si vede che è di vecchio stampo, ma le voci sono un pò troppo pulite rispetto alle originali e troppo studiate per rendere bene l'effetto imperfetto dell'improvvisazione. I sottotitoli non sono fatti molto bene, ci sono errori, imprecisioni e mancano un paio di battute (niente di imcomprensibile).


Extra: Conversazione tra Bruno di Marino (storico del cinema) e Salvian Micelli (critico cinematografico) su Shadows e su John Cassavetes come regista (11 minuti). Abbastanza interessante questo colloquio scazzato con i due seduti nelle prime file di un cinema, anche se questa discussione non è esente dall'effetto autospominamento. Di fatto parlano uno dopo l'altro diligentemente in merito al film e al regista, ma non fanno delle gran riflessioni, dicono cose abbastanza scontate e chiare (il problema razziale, l'importanza del jazz) a tutti quelli che hanno visto il film, ma solo condendole con paroline un pò più ricercati del solito. Da guardare senza aspettarsi illuminazioni divine.

Carino il piccolo booklet introduttivo al film e a Cassavetes con una breve carrellata sulla sua filmografia da regista. Niente di trascendentale. Le foto sono un pò penose, scusate.:P



Screencaps (le foto in recensione sono ridotte):

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