giovedì 11 novembre 2010

Un anno con tredici lune

Un anno con tredici lune 

di Rainer Werner Fassbinder
Trama Film Un Anno Con Tredici Lune
Gli anni con tredici lune si dice che suscitino profonde crisi nelle persone fortemente emotive. In ogni secolo ce ne sono sei, il 1978 è uno di questi.
1978, Francoforte. Erwin Weishaupt ( un Volker Spengler in stato di grazia, di una malinconia e una forza incredibile ), cresciuto in un orfanotrofio, dopo essersi sposato e aver avuto una figlia, compie un viaggio a Casablanca per il cambio di sesso per amore di un uomo e diviene Elvira. Questo l'antefatto della storia, il background che verrà approfondito e riconstruito un tassello alla volta durante il film, mentre assistiamo al "viaggio" di Elvira alla ricerca di amore e felicità, ma difficilmente troviamo altrove quello che non c'è dentro di noi.

Recensione Film Un Anno con Tredici Lune
Un film di forte impatto e ricchissimo, sia a livello di tematiche che di tecnica, è difficile affrontare e sviscerare tutte le sfumature, cercherò di mantenere un filo solo per presentare al meglio quest'opera veramente carica di sofferenza e (dis)umanità.
In una delle prime scene, Elvira porta Zora al macello per iniziare a raccontare la sua storia, lunghe ed insistenti le scene delle mucche appese con il sangue che sgorga dalle gole recise riprese a camera fissa, poi la pelle squartata e la testa ripulita... il tutto mentre, in sottofondo, Elvira ci racconta, in un lungo mologo, del suo matrimonio con Irene e come, dopo l'operazione, si sia prostituita per anni, mantenendo il suo attuale uomo ( che ora l'ha lasciata ) anche lei per anni carne da macello, esposta e sezionata, per amore.
La seconda tappa nella ricostruzione della vita di Elvira è il convento in cui è cresciuta, dove una suora ci racconta alcuni retroscena della sua infanzia. Ci rendiamo conto che, fin dall’infanzia, sentendosi rifiutato, ha sempre dovuto/cercato di adattarsi ai desideri degli altri per essere amato, senza riuscirci. Questa tensione continua di Elvira nel rincorrere l'amore altrui non cambierà nemmeno in età adulta, fino alla fine. Elvira ripercorre così il suo triste passato, fino allo snodo decisivo quando si trova a rivedere l'amore della sua vita, quell'Anton Saitz per il quale decise di farsi operare a Casablanca perchè Anton gli aveva detto che l'avrebbe amato se fosse stato una donna. Non ebbe mai il suo amore... Lo rivede, forse nutre persino delle speranze, ma Anton non è cambiato, lo ama per questo ovviamente, ma non trova in lui la reciprocità di quel sentimento tanto agognato, sentendosi rifiutata per l'ennesima volta, a fine film, si taglia i capelli e si veste da uomo per ritrovare il suo posto di marito e padre all’interno della sua famiglia, ma è troppo tardi.

Fassbinder nell’inquadrare Elvira usa ripetutamente degli espedienti ( qui come in Martha, specchi e superfici lucide riflettenti ) per mostrarci la sua immagine frammentata, a mosaico ( nasconde il viso dietro la veletta o una vetrata a quadretti ) oppure non ci mostra il viso nella sua totalità o mantenendolo in parte in ombra, metafora della sua frammentazione interiore, del suo non essere completa, il suo non trovare un posto nel mondo e nella società. Elvira ha una personalità, un'anima frammentata e versatile per entrare in più ruoli, per essere per tutti quello che desiderano, ma così facendo finisce per sacrificare la persona che è, fino a scordarla.

Ritorna come sempre e di prepotenza il tema dell’asimmetria dell’amore, nell’intervista nel documentario Non voglio solo che mi amiate ( extra del dvd "Perchè il signor R. è diventato matto?" ) Hanna Schygulla più di una volta sottolinea l’ossessione e la paura che Fassbinder aveva di questo aspetto dell’amore, di essere quello che soccombe nel rapporto a due, amando di più, dando di più (nessuno ha pensato di fargli ascoltare Teorema di Ferradini evidentemente). E nella figura del rude ed insensibile Anton ritroviamo forse un atto di accusa a se stesso, un senso di colpa per il recente suicidio del suo compagno Armin, il difficile rapporto tra i due era ben “visibile” nel suo spezzone di Germania in autunno, ad ennesima dimostrazione che l'intera filmografia di Fassbinder si intreccia in un unico filo conduttore, un'unica storia di infelicità e disperazione.

Curiosità
> La suora che ci racconta i retroscena dell'infanzia di Erwin è interpretata dalla madre di Fassbinder;
> Ritroviamo la musica di Amarcord quando Zora e Elvira si incontrano per strada quando Elvira rincorre Christoph;
> Tornate dal convento, Zora fa zapping alla tv e c’è  il golpe di Pinochet, un’intervista dello stesso Fassbinder e vari spezzoni di film in un collage a rotazione che sfuma quando anche Zora si addormenta;

Recensione dvd Un Anno Con Tredici Lune: 8
Disponibile su Fnac.it Edizione Disco Singolo
Disponibile su Fnac.it Compreso nel Cofanetto a 7 dvd che mi sento di consigliarvi

Il dvd che ho visionato è contenuto nel Cofanetto Fassbinder a 7 dvd, ( tutti i film si trovano anche singolarmente ) , buon master, a mio modo di vedere ( e fruire: ho una semplice tv ) buon audio ( originale 2.0 con i sub ita per non udenti fissi o italiano 2.0, con l'opzione dei sub ita per non udenti ) e ottimo video, forse il migliore fra i film visionati finora, nitido e pulitissimo. C'è solo un momento del film in cui il video risulta opaco e granuloso, mentre la suora ci racconta un triste punto di svolta dell'infanzia del protagonista. Non so se sia voluto o meno ma questo cambiamento di luminosità, quasi un velo opaco che cala sulla narrazione ci sta benissimo.
Extra

Intervista a Werner Schroeter ( 20 minuti )

Davvero un personaggio interessante Schroeter, regista e attore, che ci parla del suo rapporto di amicizia e di lavoro con Fassbinder, per tutta l'intervista non fa che interrompere un discorso, divagare raccontandoci vari episodi ma riuscendo poi incredibilmente a riallacciarsi sempre alle tematiche del film. Un anno con 13 lune è il suo film preferito, tra quelli del regista bavarese, film di una tragicità infinita ma che non cade mai nel melodramma e nel patetismo. Per Schroeter è un manifesto sull’immutabilità dell’essere umano e sull'inutilità delle trasformazioni perché, in amore, cercare/pretendere un cambiamento è uno sforzo ridicolo, si viene amati per quello che si è.

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