sabato 18 dicembre 2010

Moon Palace di Paul Auster


Moon Palace di Paul Auster
Marco Stanley Fogg, moderno DAVID Copperfield alla ricerca di un'identità e di un passato, racconta il suo viaggio straordinario. Un viaggio nello spazio- dai canyon tra i grattacieli di Manhattan agli sconfinati desertin dello Utah, fino alle frontiere dell'oceano Pacifico- e soprattutto del tempo. con un gusto per l'intreccio di tipico gusto ottocentesco, Fogg, orfano di un padre mai conosciuto ma eternamebnte cercato, tra coincidenze improbabili e intricati itinerari della memoria, dipana il suo mistero familiare, ripercorrendo a ritroso il proprio e altrui passato lungo l'arco di tre generazioni. (fonte)

 
Tutta la prima parte dedicata a MS Fogg è davvero interessante, densa di avvenimenti ( come poi sarà tutto il romanzo ) ma avvincente e mi ci sono ritrovata sotto diversi aspetti, ma da quando il protagonista si trova nella casa del signore anziano e si inizia il racconto di quella che è una vera e propria odissea il libro perde un po’ di mordente. Quello che adoro di Auster è come riesca a mettere un pizzico di mistero e di magia nella più normale quotidianità, come riesca a narrare di piccole vite eccezionali senza mai strafare. La storia è senza dubbio interessante, talmente densa di nomi, fatti, luoghi e personaggi che non risulta certo noiosa ma perde molto del suo fascino soprattutto perché il personaggio principale non è più l’uomo ma il caso, spesso sotto forma o collegato al denaro, mentre l’uomo viene in un certo senso relegato a burattino/spettatore per gran parte della narrazione finché alla fine del romanzo il nostro protagonista torna ciclicamente al punto di partenza ma profondamente mutato e con una consapevolezza di sé totalmente diversa.

Le parti più interessanti sono quelle “vissute”, tutto il resto è un lunghissimo racconto nel racconto ( metaletteratura? ) che a volte diventa davvero un po’ pesante. Tralasciando il poco realismo di alcuni eventi che però ho visto come un racconto favolistico bigfishano, anche perché diversamente si starebbe a criticare ogni due frasi.

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