No Man's Land ( 2001)
di Danis Tanovic
INTERPRETI:
Branko Djuric, Rene Bitorajac, Filip Sovagovic, Georges Siatidis, Serge Henri Valcke, Simon Callow, Katrin Cartlidge
1993. Due soldati di fronti opposti, il bosniaco Ciki (Branko Ðuric), nascosto dopo un agguato in cui ha perso i suoi compagni, e il serbo Nino (Rene Bitorajac), in perlustrazione col suo capitano, si ritrovano nella stessa trincea, che però è tra le due linee, la terra di nessunuo del titolo appunto. Quando il capitano di Nino trova l'altro soldato bosniaco, Cera (Filip Šovagovic), morto nell'agguato mette sotto al suo corpo una mina balzant, facendone una trappola mortale per i bosniaci che avrebbero trovato il corpo. Ciki però li prende di sorpresa sparando all'impazzata, uccide il capitano e ferisce solamente Nino, che resterà insieme a lui aspettano i caschi blu ( che loro due chiamano I puffi ). Nell'attesa Cera, che era solo ferito, riprende conoscenza; ma non può muoversi perché ha sotto di sé una mina balzante, che esploderebbe.
Venuto a conoscenza della situaione, un sergente francese, è intenzionato ad interviene per risolvere la situazione, ma dovrebbe ignorare gli ordini dei suoi superiori, preoccupati solo di rispettare la linea ufficiale di neutralità verso le parti. A raccontare la vicenda e a smuovere i superiori, preoccupati della figura davanti ai mass media, interviene la reporter inglese Jane Livingstone (Katrin Cartlidge), il cui intervento porta a conoscenza del mondo occidentale la situazione. Con l'introduzione di questa figura Tanovic sicuramente ammette l'innegabile utilità dei Media, ma non si tira indietro nel criticarne lo sfacciato cinismo, in definitiva la cosa più importante è "avere la storia".
Da una parte queste vicessitudini nel pieno della guerra, nella trincea, sicuramente il simbolo della guerra vissuta in prima linea, in prima persona dai soldati. Soldati che qui sono antieroi per caso, persone che si sono trovate in mezzo quasi per caso e che, col passare del tempo, si accorgono di avere tante cose in comune ed è qui, anche se il divario resta insanabile, che la tragedia si tinge di note farsesche, demenziali... fino al paradosso che deve essere il nemico serbo a tradurre al soldato bosniaco le parole dell'ufficiale dell'esercito internazionale.
Dall'altra parte la guerra giocata tra i palazzi del potere e gli studi televisivi, è chiara la denuncia di Tanovic all'atteggiamento inutile delle forze delle Nazioni Unite, l'attacco a un'operazione di facciata che a nulla è servita per salvare la situazione dalla tragedia. Il bosniaco ferito che giace su una mina antiuomo è proprio la perfetta metafora di una nazione, attorno alla quale, tutti si affannano; tutti si interessano ma non si azzardano a soccorrerlo veramente, ad aiutarlo in qualcosa di pratico ( nemmeno per farlo andare in bagno ), per la troppa paura di rimanere coinvolti in una situazione esplosiva.
Tutto e' eccessivo, sia nella comicità che nel crudele cinismo, ma sempre necessario. La fine in questo è meravigliosa e spiazzante.
SPOILER.....
Attorno a quella trincea ci sono tutti, i puffi, i capi, i giornalisti, i due soldati e l'artificiere intorno a Cera, peccato che nessuno possa fare niente per aiutarlo, ma nessuno nemmeno ci prova... a partire dal suo amico che, per la sete di vendetta, innesca una sparatoria nella quale uccide Nino e viene ucciso a sua volta. Il tutto viene ripreso dalle telecamere, così sazie di scoop. I capi, per non perdere la faccia davanto al mondo, fingono di aver salvato Cera e intimano a tutti di allontanarsi... in realtà il soldato bosniaco è ancora lì, sdraiato sulla propria condanna, immobile, solo. Anche la telecamera si allontana da quella maledetta trincea, lascia quella terra di nessuno...
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